I mercati del carbonio nazionali servono a raggiungere gli obiettivi di assorbimento di CO2 e molti Paesi ce l’hanno già.
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Finalmente anche l’Italia potrà avere un mercato domestico dei crediti di carbonio. Per chi si fosse perso di cosa stiamo parlando quando diciamo “Mercato dei crediti di carbonio”, lasciamo qui il link all’articolo che spiega di cosa si tratta e come funziona. Riassumendo molto brevemente: esiste un mercato nel quale le organizzazioni possono compensare le proprie emissioni di gas serra, comprando quote (crediti) di CO2 rimosse dall’atmosfera. I soggetti che vendono le quote sul mercato sono quelle organizzazioni in grado di rimuovere quote di CO2 dall’atmosfera, ad esempio attraverso progetti di riforestazione o miglioramento delle foreste esistenti. Gli alberi sono infatti composti in buona parte da carbonio che ricavano scindendo la CO2 atmosferica in C, carbonio, che usano per crescere e aumentare la loro massa, e O2, ossigeno, che rilasciano in atmosfera. Questo fa di loro degli ottimi immagazzinatori di carbonio rimuovendo CO2 dall’atmosfera.
Esistono tre tipi di mercato del carbonio: regolamentato, volontario e domestico
Nell’ottica di raggiungere la sostenibilità climatica, ovvero di evitare di immettere in atmosfera più CO2 di quella che i vegetali riescano ad assorbire, sono nati diversi mercati del carbonio: c’è quello regolamentato, a cui accedono i soggetti che sono obbligati a compensare le proprie emissioni; c’è quello volontario, a cui accedono i soggetti che vogliono compensare le proprie emissioni senza averne l’obbligo e poi ci sono i mercati domestici validi solo a livello nazionale per un singolo Paese.
L’Italia era indietro nello sviluppo di un mercato domestico… fino ad oggi
I crediti di carbonio generati da un mercato domestico sono utilizzati per rispondere a politiche e obiettivi nazionali, per esempio la neutralizzazione delle emissioni nazionali. Alcuni Paesi europei hanno istituito da tempo un registro, ovvero una piattaforma online dove avviene la compravendita di crediti gestita o supportata da un ente governativo, e si sono da tempo dotati di regole e standard che definiscono in che modo si possono generare crediti di carbonio. Insomma hanno creato un proprio mercato domestico per allinearsi alla crescente presa di coscienza generale nei confronti della crisi climatica e all’obiettivo che l’UE si è posta con il Green Deal, ovvero di raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, il che significa non emettere più di quanto venga assorbito. In Italia esiste da circa dieci anni una linea guida per la realizzazione di progetti forestali capaci di aumentare la cattura e la conservazione della CO2 fuori dall’atmosfera, chiamato Codice Forestale del Carbonio (CFC). Il Codice Forestale del Carbonio venne al tempo proposto come Linea Guida Ufficiale a livello nazionale per generare e commercializzare crediti di carbonio, ma non fu riconosciuto e promosso dal Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio e del mare. Questo fece sì che altri Paesi come la Francia e l’Inghilterra, con standard del tutto analoghi al CFC e anzi sviluppati successivamente, terminassero l’iter istituzionale e dessero il via a mercati domestici prima dell’italia.
Finalmente, con la legge n.41 del 21 aprile 2023 è stato convertito in legge il testo modificato del decreto l. n.13 del 24 febbraio 2023. Una delle modifiche al testo originale riguarda i crediti di carbonio: presso il CREA, l’ente governativo per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, è istituito il registro pubblico dei crediti di carbonio generati su base volontaria dal settore agro forestale nazionale. Serviranno almeno due decreti attuativi per rendere operativo il nuovo registro, e noi di Giornal di Bosco continueremo a seguirne gli sviluppi.