“Orman” o “foresta” in turco

Il pino Kemal racconta le foreste del Mediterraneo orientale

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Come essere vicina alle popolazioni turche e siriane colpite dal violento sisma di qualche giorno fa?! Penso che ognuno di noi continui a seguire con apprensione le notizie provenienti da questo territorio, così tribolato e dove si aggiunge questa devastante tragedia ad una precarietà geopolitica decennale. Tuttavia come autrice di Giornale di Bosco mi sono chiesta come evitare che questa situazione si dissolva nel continuo susseguirsi degli impegni di tutti i giorni. Dar voce ad un abitante immaginario di quel luogo, come è il pino calabrese, che racconti il territorio e la meravigliosa foresta del Mediterraneo orientale, mi è sembrato un semplice modo per provare ad essere vicina ad un popolo che sta soffrendo così tanto.

Senza terra sotto le radici

Penso che “orman”, foresta in turco, sia stata la prima parola che io abbia pronunciato. Se “mamma” è la prima parola emessa da un cucciolo d’uomo, quale pensate sia la prima parola di una giovane piantina? La mia foresta ha sempre continuato e continua tutt’ora a custodirmi e a proteggermi, come una madre farebbe con suo figlio. Tuttavia a volte è impossibile pure per lei. Da qualche giorno, precisamente dal 6 febbraio 2023, la terra sta continuando a tremare. Non potete immaginare quanto sia stato conturbante e allo stesso tempo travolgente, percepire con le radici l’enorme energia liberata dal movimento tettonico che ha stravolto il territorio e la vita della popolazione umana di quest’area.

Kemal, un esemplare di pino calabrese

Osservare ogni giorno l’infinito orizzonte del mare mi aveva reso sicuro di poter conoscere tutto. Non so da cosa derivasse questa certezza, ma a volte si è cocciuti. I miei 80 anni non mi hanno reso così saggio: questa forza che ti ribalta pure il midollo non l’avevo mai provata (se fossi nato prima del 1939 in cui avvenne un altro terribile terremoto, probabilmente sì). Ma forse noi pini calabresi siamo troppo presuntuosi. O solo io lo sono.

Mi chiamo Kemal come il famoso fondatore e primo Presidente della Repubblica Turca, conosciuto come Atatürk, il padre della Turchia moderna. E sono un pino calabrese, noto formalmente come Pinus brutia, in riferimento alla regione del Brutium, che corrisponde più o meno all’odierna Calabria. A me piace invece la versione più poetica secondo cui brutius è una storpiatura di brutus, che significa in latino massiccio e potente. 

Infatti noi, pini a due lunghi aghi, riusciamo a crescere su tutti i terreni, in quasi tutti i climi della regione mediterranea e in quella più meridionale fino a 1800 metri di quota. Abbiamo la caratteristica di produrre molti pinoli e di riuscire a crescere per primi in aree aperte e disturbate.

Rappresentiamo in molti paesi del Mediterraneo l’unica o la principale fonte di legno. Dal punto di vista economico siamo la conifera più importante in Turchia. Infatti il nostro legno è particolarmente durevole e resistente e veniva usato già in epoca romana sia per le costruzioni di navi, sia per pali da miniera e palafitte.

Le Foreste di conifere e latifoglie del Mediterraneo orientale

Fortunatamente in questa regione circondata dalle acque azzurre del Mar Mediterraneo non viviamo solo noi, pini calabresi. Probabilmente ci sarebbe polemica e competizione tutti i giorni. Ma si stagliano le Foreste di conifere e latifoglie del Mediterraneo orientale dipinte da un paesaggio di arbusti rocciosi e foreste tortuose.

Questa regione si estende lungo la costa mediterranea del Vicino Oriente, attraversando Turchia, Libano, Israele, Palestina, Giordania e Siria. D’inverno ce la passiamo bene, perché fa sufficientemente caldo e piove molto; d’estate c’è il tipico clima mediterraneo in cui il caldo diventa quasi insopportabile ed é difficile bere anche una goccia d’acqua con le radici perché non piove.

Lungo le coste abbonda la vegetazione della macchia mediterranea: si incastrano rami e tronchi di ulivo europeo, carrubo, olivo verde e storace officinale. Come in tutte le foreste mediterranee è possibile anche incontrare la quercia spinosa (Quercus coccifera), simpatica pianta sempreverde che presenta le foglie appuntite e un riconoscibilissimo cappello della ghianda  che sembra quasi riccia. Chiamata spesso anche rovere di Kermes, è abbondante e spesso sostituisce le foreste della nostra specie e quella degradata di un nostro fratello, il pino d’Aleppo.

Tuttavia una lunga storia di agricoltura e irrigazione ha portato ad una frammentazione del nostro ecosistema forse già evidente nel 3000 a.C. Conservare la foresta risulta a volte davvero difficile perché non è un corpo unico, ma è inserita all’interno di un paesaggio in cui si sono sviluppate città, appezzamenti agricoli e attività di rimboschimento con piantagioni di pino per proteggere il suolo e i corsi d´acqua, per la domanda di materiale legnoso grezzo e altre funzioni della foresta. 

Ora, dopo il terremoto sarà necessario ricostruire e speriamo che  le splendide foreste di conifere e latifoglie del Mediterraneo orientale non vengano dimenticate.  Io Kemal, un semplice pino calabrese resto cocciutamente ancorato al terreno e alla certezza che provo guardando il mare, sicuro che finchè c’è rinnovazione, c’è speranza.

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