Un viaggio dal patanegra all’aspirina, passando per funghi, gomma e tappi di bottiglie (di vino)
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Pochi giorni fa mi trovavo ad un evento organizzato per l’inizio di un progetto di agroforestazione (quando si mischiano la coltivazione di piante agricole sotto la copertura di una foresta). Ad un certo punto uno dei presenti ha menzionato il pata negra, il famoso prosciutto spagnolo costosissimo e pregiatissimo , come un prodotto forestale non legnoso. Ammetto che dopo diverse ore di presentazioni dei vari partner di progetto l’attenzione aveva raggiunto soglie minime, ma le parole “pata negra” e “prodotto forestale” hanno subito catturato il mio interesse.
Pur avendo studiato un poco il mondo dei prodotti forestali non legnosi, ovvero “beni derivati dalle foreste corrispondenti a prodotti tangibili di origine biologica diversi dal legno”, non avevo di certo mai pensato al pregiato prosciutto spagnolo come ad uno di essi. Terminato l’evento mi sono subito documentato sulla filiera di produzione del prosciutto di pata negra. Fondamentalmente sono suini discendenti dai cinghiali selvatici che vengono allevati in terreni boscati di querce. Per acquisire il tipico sapore “da noce” infatti, questi suini si nutrono delle ghiande di querce, anche quelle da sughero (in foto più sotto). L’allevamento avviene in delle fattorie i cui terreni sono ricchi di foreste rade (con poche piante), e che sono chiamate in spagnolo dehasas. Il fatto che per una parte dell’anno gli animali siano in foresta è fondamentale per il loro sviluppo in termini di muscolatura e benessere. Il pregio del prosciutto di pata negra sta proprio nel fatto che l’animale si nutre esclusivamente delle ghiande di quercia per tutto l’autunno. Quindi si potrebbe dire che è la foresta a permettere la produzione di questa pietanza, rientrando a tutti gli effetti nella definizione di prodotto forestale non legnoso.
Ancora una volta quindi mi ha meravigliato quanto la foresta sia un ecosistema capace di darci ogni genere di benefici, tra cui proprio questi prodotti forestali non legnosi. E, a parte il pata negra, questi beni della foresta comprendono una vastissima quantità di prodotti che per noi diventano cibo, utensili e medicinali. Basti pensare ai funghi (vedi i vari tartufi, i porcini, chiodini e chi più ne ha più ne metta), ma anche tutta la selvaggina, i frutti di bosco, come mirtilli e lamponi, insetti (ancora non molti diffusi in Europa, ma vere leccornie in altri Paesi e possibili pietanze future per l’allevamento), spezie e foraggio per gli animali, erbe medicinali e aromatiche e tanto altro.

Se ancora vi sembrano prodotti di nicchia o per pochi, avere qualche dato sottomano sulla loro importanza può aiutare a dare una dimensione del loro ruolo nell’economia: otto miliardi di dollari secondo la FAO (2020) è il valore del settore della raccolta regolamentata di questi prodotti a livello globale. In Europa, secondo il report Forest Europe, il valore di questi prodotti nel 2014 era di 1.7 miliardi di euro, ma c’è un grosso MA che accompagna questa stima: i dati che ci aiutano in queste stime sono assolutamente incompleti e il valore reale dei prodotti forestali diversi dal legno potrebbe essere incredibilmente superiore. Noi europei infatti sembriamo interessarci poco di raccogliere informazioni su questi prodotti e lo stesso succede a livello globale.
Non si tratta poi solo del loro valore in termini economici alla vendita, ma anche dell’opportunità che rappresentano per categorie di lavoratori che spesso in molti Paesi hanno molti ostacoli da affrontare per trovare fonti di reddito proprie: ad esempio la raccolta e la vendita di questi prodotti in molti Paesi è l’unica fonte di reddito delle donne. In Italia ad esempio, le licenze per la raccolta dei funghi sono una fonte di reddito importantissima per molti proprietari forestali.
Mentre la raccolta di molti prodotti ci può sembrare distante dalla nostra realtà, visto che non viviamo di selvaggina o prodotti come semi e funghi, le erbe medicinali e le medicine derivate sono tutt’altra storia: l’aspirina, il più comune antinfiammatorio in commercio, ha l’acido acetilsalicilico come principio attivo, un derivato dell’acido salicilico, proveniente dalla corteccia di salice bianco (Salix alba).

Altri esempi di piante che invece sono utilizzate più o meno direttamente per il nostro benessere sono il ginseng (Panax spp.), utilizzato per contrastare la stanchezza, l’avena (Avena sativa), per aiutare a dormire, la curcuma (Curcuma longa), come antinfiammatorio e sostegno alla circolazione nelle articolazioni. E che dire di un altro comunissimo prodotto nella nostra vita di tutti i giorni, la gomma? Proprio la gomma ha origine da piante tropicali, soprattutto Hevea brasiliensis, da cui prima si ottiene il lattice che poi viene coagulato per farne una gomma naturale con ottime caratteristiche meccaniche. Ancora un altro albero ci fornisce un prodotto che utilizziamo spessissimo, il sughero, ovvero una parte della corteccia della quercia da sughero, di cui abbiamo parlato prima come fonte di nutrimento, con le ghiande, e riparo, con la propria chioma, per i pata negra. Molto banalmente il sughero lo utilizziamo per i tappi di bottiglia e come isolante ad esempio sotto i pavimenti in legno!

Quindi se tutti più o meno sanno che le foreste producono parte dell’ossigeno che respiriamo, sequestrano anidride carbonica dall’atmosfera, ci danno un prodotto utile e bello come il legno e creano dei paesaggi che abitualmente immortaliamo in fotografie, ecco che con questo articolo spero di avervi dato delle informazioni in più su quanto le foreste fanno per noi e quanto ne dipendiamo, anche se poi la maggior parte di noi vive in città, distanti da qualsiasi foresta, e pensa di poterne fare a meno.