Cronaca di una mattinata a piantare alberi coi bambini delle scuole elementari
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Il fuoristrada prosegue sicuro nella periferia della città in fondovalle, sotto il sole di una mattina d’inizio estate. Mentre Michele svolta a sinistra e varca il cancello del vivaio, Johan, seduto sul sedile del passeggero girandosi verso di me , mi spiega con pazienza l’ordine delle cose da fare per la Baumfest, la festa degli alberi in Alto Adige. “Ora carichiamo le piantine in auto, ci incontriamo con le classi elementari nel bosco, parliamo un po’ e aiutiamo i bambini a piantare gli alberi. Poi pranziamo e ritorniamo”. Mezz’ora dopo, l’auto artiglia la salita nel bosco, avanza fino a sbucare in una radura e si arresta sul bordo strada. Il cinguettio degli uccelli riempie l’aria tutt’intorno. “Siamo venuti qui vicino anche l’anno scorso con altre classi” dice Michele, chino mentre si riallaccia uno scarpone. “Quanti bambini ci saranno?” chiedo a Michele. Lui alza gli occhi dai lacci con la fronte corrugata e guarda la strada: iniziava a sentire i bambini in arrivo. Finisco di aiutare Johan a raggruppare gli alberelli per ordine di specie: a sinistra gli abeti rossi, poi le betulle… “Accompagneremo i bambini sopra la strada, dove abbiamo già scavato delle buche per gli alberi”, indica Johan con una mano mentre con l’altra chiude la portiera in un colpo, come un cannone che segna l’inizio della tanto attesa Baumfest. Dalla curva compaiono i primi bambini di corsa e poi altri fino a riempire la strada, mentre le maestre ci salutano da lontano. Le due guardie forestali vicino a me hanno un’aria seria e attirano l’interesse del giovane pubblico, che osserva con curiosità le uniformi verdi di Michele e Johan. Le maestre distribuiscono le classi tutt’intorno alla radura e chiedono il silenzio.
Johan fa due passi avanti, saluta le classi e inizia a spiegare la complessità della foresta: la varietà di animali e piante, le relazioni fra loro e i servizi che la foresta dà al paese vicino. Guardando gli occhi rapiti dei bambini, penso all’importanza di entusiasmare i giovani alla cura dell’ambiente, di parlare di foresta stando in foresta.Una volta finito, le manine scattano per fare domande. “Die Fichte sticht, die Tanne nicht” risponde Johan a una bambina che chiede la differenza fra abete bianco e abete rosso: il primo punge quando si tocca, il secondo no, recita il detto. Dopo le domande, è il turno del rappresentante del sindaco. Intanto il maestro di italiano apre una sedia pieghevole e accorda la chitarra; poco più tardi, suona un arpeggio e inizia a intonare coi bambini un canto sulla foresta, muovendola testa a ritmo di musica. Infine, torna il cinguettio degli uccelli. Una maestra fa un cenno ed ecco che un bambino in mezzo al gruppo declama la prima strofa di una poesia.

Altri bambini rispondono con nuove strofe imparate a memoria; sorrido notando che questi bambini si ricordano il proprio turno anche se sparpagliati nella radura. Un applauso generale lascia poi spazio a una preghiera, questa volta letta da una sola bambina vicino alla maestra di religione. Poi la maestra ripiega il foglietto e lo nasconde nello zaino, da cui estrae una boccetta d’acqua. Nel silenzio rotto solo dagli uccelli sugli alberi, la maestra alza lo sguardo all’abete sopra di lei e spicca un rametto con fare solenne; lo intinge nella boccetta d’acqua e poi asperge gli alberelli appoggiati vicino alla macchina, mentre i bambini tornano a guardare le piantine con religioso silenzio. Concluso il piccolo rituale, le guardie forestali danno istruzioni ai bambini, che finalmente si avvicinano a noi per scegliere l’alberello da piantare. I larici sono gli ultimi a essere presi perché ancora senz’aghi e poco attraenti. I bambini che hanno ricevuto gli alberelli, corrono poco sopra la strada a scegliere la buca dove piantarli. Distribuite le piantine, raggiungiamo i bambini, che intanto hanno fatto dei gruppetti attorno agli alberelli: c’è chi ordina alcune pietre in cerchio attorno alle piantine, mentre altri pigiano con le manine la terra usate per riempire la buca; due bambini stanno perfino versando acqua dalle borracce alla base di una piantina. Johan mi fa un cenno e io lo seguo alla macchina dove Michele sta già allacciandosi la cintura di sicurezza. “Scendiamo al campo sportivo. Le classi ci raggiungeranno presto” dice Michele. Infatti dal finestrino vedo che le maestre stanno cominciando a raggruppare le classi.

Più tardi addento un brezel davanti ai bambini che giocano col pallone nel campo. Quei bambini potrebbero tornare a rivedere l’albero che hanno piantato; in alcune zone viene anche affisso un cartello che riporta l’anno scolastico delle classi che hanno piantato gli alberi. In effetti c’è un significato iconico dietro all’alberello messo a dimora: un albero per ogni bambino. È anche un gesto che tutte le generazioni possono compiere aiutandosi: chi preparando la buca, chi calando l’alberello e chi coprendo di terra e dando acqua. La festa dell’albero è stata istituzionalizzata il 21 novembre, ma qui si festeggia con l’arrivo dell’estate e delle vacanze da scuola. Arte, religione e tradizioni si mescolano non tanto in un mero esercizio scolastico, penso scrollandomi le briciole dai pantaloni mentre finisco il brezel seduto a bordo campo: quell’entusiasmo, quello stupore e quella voglia di sapere di più e di essere protagonisti nel piantare una piccola foresta possono davvero essere un esempio a cui guardare e prendere ispirazione per non farsi scoraggiare dall’illusione che un singolo gesto non conti niente? Che chiunque come i più piccoli possono aiutare? Alzando lo sguardo alla montagna coperta di abeti e larici, ora penso alla festa dell’albero a cui avevo partecipato da bambino. Mentre parlo di questo a Johan e Michele sul fuoristrada in corsa, dal finestrino seguo con lo sguardo le cime delle montagne che si spostano dietro di noi. Poi il fondovalle si allarga e la città ci appare davanti, sotto il sole di un pomeriggio d’inizio estate.