Excursus tra le specie più importanti per bellezza e valore ecologico
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Le orchidee non sono soltanto le migliaia di Phalaenopsis che troviamo ormai in qualunque negozio, che vengono riprodotte industrialmente per uso e consumo di coltivatori esperti e meno esperti. Le orchidee sono un gruppo di piante estremamente variegato, diffusosi in tutto il pianeta ad eccezione dei deserti e delle zone circumpolari con numerosissime specie (circa 25 000 finora descritte), alcune minuscole, di appena un centimetro, altre grandi quanto un albero di tre-quattro metri.
Ovviamente, la maggior parte delle specie più belle e variopinte si trova nelle foreste equatoriali e tropicali, dove non per niente è presente la maggior concentrazione di biodiversità del nostro amato, quanto bistrattato, pianeta. Ma anche qui, nel Vecchio Continente, non possiamo certo lamentarci: in effetti, in Europa, sono presenti ben 700 specie di orchidee, di cui circa un terzo anche in Italia. Novanta specie sono presenti sull’Arco alpino, dove alcune orchidee ben adattate agli ambienti battuti dal vento, possono spingersi fino oltre 3000 metri di quota. Tra le altre le piccole e profumate nigritelle (Nigritella sp.), tipiche delle praterie alpine d’alta quota.
Vediamo quali sono le orchidee che possiamo trovare nei boschi che abbiamo vicino casa, sia che si viva al mare, che in mezzo alla pianura, in collina o in montagna. Vediamo inoltre cosa hanno di così “speciale” queste piante, e perché dovremmo preoccuparci se scompaiono.
Quali orchidee possiamo trovare in un bosco
Nelle aree costiere italiane, tra la macchia mediterranea e nelle radure dei lembi di foreste native come le leccete, ma anche dove queste sono state sostituite da pinete litoranee, l’influenza mediterranea consente la crescita di orchidee molto interessanti come le Ophrys. I loro petali centrali e inferiori, detti labelli, simulano il corpo peloso e imitano l’odore delle femmine di determinate specie di insetti come bombi, api solitarie. Questi petali particolari attraggono l’esemplare maschio che, nel tentativo di un approccio sessuale del tutto insoddisfacente, sarà l’inconsapevole impollinatore dell’orchidea.
Tra le orchidee più comuni nei boschi italiani ci sono alcune Epipactis (atrorubens, helleborine) e Cephalanthera (longifolia, damasonium, rubra) che prediligono ambienti almeno parzialmente ombreggiati. Come molte specie di sottobosco, la loro abbondanza può oscillare in maniera incredibile a seconda del livello di copertura forestale. Ad esempio, la Cephalanthera longifolia, con le sue belle infiorescenze bianche, a primavera può ricoprire ampie schiarite laddove il bosco (ad es. con orniello e carpino nero), sia stato diradato di recente.
Le Epipactis sono tipiche soprattutto delle faggete, ma sono frequenti anche nei boschi di castagno e peccio. Invece nelle foreste di conifere montane, la Dactylorhiza fuchsii è probabilmente la specie più abbondante, e dona quel tocco di colore violaceo alle radure umide e a bordo sentiero, condividendo spesso l’habitat con Listera ovata, assai meno appariscente per via dell’infiorescenza verde.

Parlando di boschi e di orchidee non posso non citare, infine, la splendida ed elegantissima pianella della Madonna (o scarpetta di Venere, per i pagani) Cypripedium calceolus. In Italia la possiamo trovare in una limitatissima area dell’Appennino abruzzese oppure nell’area delle Dolomiti, dove è ben più abbondante, anche se costantemente a rischio di raccolte indiscriminate. In questa specie dall’aspetto esotico e appariscente il labello si presenta rigonfio e di un giallo vivo. Ma dietro questa apparenza si cela una trappola a volte mortale per gli insetti che rimangono intrappolati all’interno. Ammesso e non concesso che riescano a ritrovare l’uscita, sono costretti a strisciare contro gli organi riproduttori del fiore che avrà raggiunto così lo scopo di essere impollinato.
Dove ci sono orchidee ci sono funghi
Vediamo ora un aspetto molto affascinante di queste piante: la simbiosi con speciali microfunghi del sottosuolo. I funghi, si sa, crescono bene nei boschi, dove si mantiene un’umidità generalmente costante che permette loro di prosperare. Come riportato dal Gruppo Italiano per la Ricerca sulle Orchidee nel manuale “Orchidee d’Italia”, tutte le orchidee per germinare hanno bisogno dell’aiuto di determinati funghi in quanto i microscopici semi, privi di riserve nutritive, devono essere “infettati” dalle ife dei funghi e provvisti delle risorse necessarie per germinare. Alcune specie tipicamente forestali mantengono un duraturo rapporto simbiotico: la pianta riceve dal fungo acqua e sali minerali in cambio della “protezione” fornita dalle cellule ospiti e dagli zuccheri, prodotti tramite la fotosintesi clorofilliana. Alcune orchidee rimangono addirittura dipendenti dal fungo per tutto il ciclo vitale. Esse sono generalmente prive o quasi di clorofilla, e producono radici molto sviluppate e aggrovigliate ai funghii. Da qui il nome scientifico di Neottia nidus-avis, in cui il groviglio sotterraneo ricorda un nido d’uccello, o di Corallorhiza trifida, in cui somiglia piuttosto ad un corallo. La presenza di queste specie in un bosco, dunque, assieme ad altre appartenenti ai generi Epipogium e Limodorum, è indice di salute e di “equilibrio” del sottosuolo.

Ecco perché le orchidee sono considerate delle ottime bio-indicatrici della qualità dell’ambiente: se per qualche motivo (ad es. inquinamento o introduzione di specie invasive) scomparissero i funghi simbionti o gli insetti impollinatori, sarebbe la fine anche per la loro possibilità di riprodursi e finirebbero per estinguersi localmente.
Le orchidee segnalano un suolo forestale in salute
Nelle foreste italiane le orchidee sono utilizzate per interpretare la sostenibilità della gestione boschiva: infatti le specie di sottobosco tendono a scomparire per erosione e degrado del suolo causato da un’errata gestione, ad esempio mediante l’uso di mezzi pesanti, taglio eccessivo del sottobosco e incendi. Dall’altra, la presenza di sane e abbondanti popolazioni di orchidee indica buone condizioni forestali e pratiche di gestione compatibili.
Queste piante, tuttavia, sono oggi in drammatico declino nelle aree fortemente antropizzate perché le tecniche di gestione intensiva dei loro habitat rendono difficile il mantenimento di idonee condizioni di crescita. È necessario un cambiamento di rotta in cui si dia finalmente la giusta importanza alla diversità di queste piante, non soltanto per la loro eleganza e bellezza o per l’interesse scientifico e botanico, ma anche per il loro significato ecologico e per il valore estetico che rappresentano.