La salute di un bosco è questione di equilibrio

Anche i boschi si ammalano e possono essere curati

Magari non siete esperti coltivatori, ma avete mai coltivato un po’ di esperienza prendendovi cura del vostro piccolo orto o di qualche pianta in giardino? Può essere che abbiate ad esempio notato una patina bianca sulla vostra pianta di zucchine che ha causato l’indebolimento e l’accartocciamento delle foglie! Si tratta del ‘mal bianco’ o ‘nebbia’, un fungo che ricopre le foglie e impedisce alla pianta di svolgere la fotosintesi, portando al suo deperimento. 

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Le specie vegetali possono essere quindi colpite da microrganismi ‘patogeni’ come funghi, batteri e virus che causano malattie.

In ambito agrario, sia in campo tradizionale, che in quello biologico, è normale utilizzare prodotti e sostanze che vadano a neutralizzare l’azione e la diffusione di questi patogeni per garantire la produzione delle colture.

Anche i “patogeni” fanno parte del bosco

Tuttavia non possiamo paragonare un ecosistema agrario ad uno forestale, anche se entrambi sono composti da piante. In un bosco la presenza di funghi, batteri e altri patogeni è fondamentale ed ha un ruolo ecologico essenziale per la sopravvivenza stessa dell’ecosistema.

In particolare i funghi – non parliamo solo di chiodini o porcini – e i batteri provvedono a mantenere il ciclo dei nutrienti dal suolo alle piante e dalle piante al suolo: questi microrganismi presenti nel terreno velocizzano la decomposizione della sostanza organica, come foglie, residui vegetali e animali e forniscono alla vegetazione i nutrienti necessari per crescere e svilupparsi.

Inoltre questi microrganismi attaccano gli alberi e gli individui più deboli, favorendo così la sopravvivenza di quelli più forti: questa selezione migliora la struttura, ossia la forma, e la composizione delle foreste, rendendole così più resilienti ai possibili disturbi, come tempeste (Vaia) o siccità.

I funghi e i batteri non sono sempre patogeni che distruggono il bosco! Come ha affermato il professor Linaldeddu (2017), esperto di patologia forestale dell’Università di Padova, lo sviluppo della foresta nel tempo è garantito da una “salutare quantità di malattia”. La salute del bosco è questione di equilibrio tra le componenti viventi (piante, animali, funghi) e quelle non viventi (energia solare, acqua e materia minerale).

Quando i patogeni diventano una minaccia per le foreste?

Ci sono diversi fattori che possono rompere l’equilibrio presente in un ecosistema. La “salutare quantità di malattia” può trasformarsi in qualcos’altro: anche il bosco può dover affrontare un’epidemia! I sintomi di una malattia non presenti o che si manifestano solo in piccole zone, possono espandersi e colpire quasi simultaneamente la collettività di piante.

Ma come mai possono diffondersi i patogeni?

Per prima cosa è necessario fare i conti con un commercio sempre più globalizzato! Il nuovo regime fitosanitario europeo rafforza la protezione delle piante dagli organismi nocivi e introduce nuovi obblighi per chi importa e commercializza vegetali. Tuttavia è accaduto e potrà accadere che alcuni “patogeni alieni” sfuggano al controllo del Servizio fitosanitario e vengano introdotti nei nostri ecosistemi: nascosti tra le piante importate dai florovivaisti, questi funghi, batteri o virus possono trovare foreste accoglienti dove stanziarsi, diventare poi invasivi e contagiare tutte le piante di un bosco.

Anche gli effetti dei cambiamenti climatici possono influenzare la salute di una foresta: l’aumento delle temperature, l’alterazione del regime delle precipitazioni o l’incremento di eventi meteorologici estremi (alluvioni, siccità, venti fortissimi…) sono tutti fattori che creano stress ai boschi, rendono le piante più deboli, suscettibili al diffondersi di epidemie e vulnerabili all’attacco di microrganismi nocivi.

Il cancro corticale del castagno, storia di ‘speranza forestale’

In ambito forestale uno dei patogeni più conosciuti è la Cryphonectria parasitica: questo è il sontuoso nome del microrganismo che causa il cancro corticale del castagno. 

Originario da Cina e Giappone, il fungo divenne uno dei più temuti durante il XX secolo ed ancora adesso è considerato un ‘organismo da quarantena’ perché particolarmente pericoloso per i danni che può arrecare all´’agricoltura o all’ambiente. Durante la prima metà del Novecento dopo aver causato la quasi totale distruzione del castagno americano (Castanea dentata), la Cryphonectria fu importata in Europa nella Seconda Guerra Mondiale dove ancora oggi è largamente diffusa.

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Questo piccolo fungo è molto aggressivo e colpisce principalmente le diverse specie del castagno: si insinua tra le ferite causate da innesti, potature, grandine o piccoli animali, e colonizza tutta la circonferenza del tronco o dei rami. La malattia rende secca la chioma e molto spesso causa anche la morte della pianta.

Tuttavia alcuni anni dopo le prime segnalazioni della malattia, in Nord Italia sono stati osservati dei cancri alla corteccia particolari che non provocavano la morte delle piante colpite. In seguito fu accertato che il fungo Cryphonectria fosse stato infettato da un virus: la malattia si manifestava con conseguenze non letali e risultava meno contagiosa (Istituto federale di ricerca WSL). Ancora adesso in alcune zone d’Italia i ricercatori diffondono questa forma meno violenta del patogeno nei castagneti che presentano il cancro alla corteccia in modo da rendere più “docile” quella più aggressiva.

Considerando che spesso sono le azioni dirette e indirette dell’uomo a provocare lo sviluppo di epidemie che colpiscono le foreste, sta all’uomo il compito di proteggere l’equilibrio dell’ecosistema. Dunque si potrebbe iniziare adottando politiche che promuovano i prodotti locali: ridurre lo spostamento di merci a livello internazionale è la soluzione più semplice per limitare la diffusione di funghi, batteri e virus provenienti da altre zone del mondo.

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